Thursday, June 3, 2010

Home sweet home (?)

My corner

Nine months. This has been the longest period I’ve been away from home*.

And while in the past years I had managed somehow (or other) to pass by Milan shortly but regularly, and thus changes - that surely happened - appeared to me almost unperceivable, this time the changes of the past months appeared to me quite drastic - and I had almost to rediscover my own hometown.

Traffic lights and crossroads have been substituted by roundabouts. One-way-only have changed directions. The grocery store of my neighborhood changed name. In the garden of my school a tree (the tree that we used as post when we played football during lunch-breaks) has been cut. A cinema where I used to go (the Mediolanum) closed. New buildings are being built, old buildings have been knocked down…

At home changes have been not less (emotionally) drastic. At first sight, my room is almost as I left it. But looking carefully I could see that where I used to keep my CDs, there are now plenty of toys. Where I used to store my shoes, there are now diapers. And my frames have been removed and the scissors that I kept in my desk-drawer hidden, as the new ‘owner’ of the room can break them or hurt himself if he plays with them.

Returning home for the first time in a long time has provoked mix feelings. On the one hand the usual feeling of peace, comfort. The feeling of being at home. On the other hand the inconvenient sensation that time passes.

When we live abroad we tend to unconsciously (or presumptuously) believe that time passes for us only: we think our experiences make us change and grow, while what we leave behind gets frozen and preserved as it was.

This time my transit through Milan put me in front of this inconvenient truth: time passes everywhere. And changes may appear less drastic and dramatic than the ones I have been experiencing for the past years, since I left Milan (Geneva, Rome, Bogota, Addis, Brussels, London, Paris, Washington, Delhi) - but they do happen and keep on happening inexorably and irreversibly.

And while there is no place where I feel more relaxed, more in peace than my home, I wonder whether I should still call my home ‘home’…

My room

(*) And 12 years: one third of my life.

17 comments:

  1. Matteo caro, come ti capisco! Piu' dei luoghi pero' sono i cambiamenti nelle persone che ti lasciano li' secco...
    E comunque bentornato a casa (Delhi!)

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  2. sono d'accordo. per fortuna con le persone che ho visto in questi giorni (amici e famiglia) sembra ci si sia lasciati solo ieri, e che tutto sia (o possa essere) come prima (anche se nel frattempo spesso sono spuntanti bimbi che prima non c'erano).

    mi chiedo pero' se direi lo stesso se mi fermassi piu' a lungo. talvolta i cambiamenti nelle persone non sono cosi apparenti come un nuovo supermercato che prima non c'era.

    (delhi faccio ancora fatica a sentirla casa mia, anche se - in questo momento - lo e' a tutti gli effeti...)

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  3. Matt, il fatto che tu a 36 anni consideri ancora "casa tua" la tua cameretta, fa pensare che non hai ancora una "casa" con Mathilde. Forse è ora che cominci a pensare che la "tua cameretta" appartiene ad un altro Matteo, che non c'è più, e che devi costruirti (almeno nella testa) una nuova "casa" (tua e vostra.

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  4. quando si cambiano dieci case in dodici anni (con la prospettiva di cambiarne altre dieci nei prossimi dodici) puo' anche essere abbastanza normale avere difficolta' a sentire anche una sola delle dieci case dove ho abitato "casa". e, inconsciamente, continuare a chiamare "casa mia" l'unico luogo che e' stato effettivamente casa mia.

    detto questo, l'affetto che posso sentire per i luoghi della mia giovinezza, e il benessere che provo ogni volta vi ritorno, non mi hanno mai impedito di seguire la mia strada - che per ora mi ha portato piuttosto lontano.

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  5. Vivendo sempre nel raggio d'azione di "casa san felice", finché vi sono rimasta ho sempre percepito i cambiamenti in casa come eco lontane, attribuendoli più a "mode mammesche" che non a vere e proprie necessità.
    Poi la mia dipartita verso la prima esperienza da “adulta indipendente”: essendo l'ultima figlia ad abbandonare il nido materno, non appena ho messo piede fuori casa, in soli due mesi la mia camera è stata letteralmente "demolita", il mio letto è sparito, il mio armadio è finito in box insieme a tutte le cose che non sono riuscita a portare via con il trasloco, l’azzurrino delle pareti ha lasciato il posto al rosa e all’albicocca...
    A lungo mi sono sentita privata di un tesoro che non avrei mai più trovato in nessun’altro luogo, in nessun’altro tempo. Non so se sono mai riuscita a superare completamente il trauma da distacco dal mio letto, dalla mia cameretta... Può darsi che un cambiamento tanto drastico mi abbia costretta ad accettare la privazione come un dato di fatto. Ma il senso di nostalgia è stato devastante.
    Lo stesso disperato senso di inevitabile cambiamento l’ho provato l’ultima notte che ho dormito nella casa di Lido degli Estensi, prima che venissero portati via tutti gli arredi, piangendo fino al mattino respirando in ogni angolo i segni di una vita passata… Dal posacenere colorato dove la nonna metteva la mancetta della settimana, alla nicchia degli Asterix, alla credenza con le illustrazioni del canal grande, allo specchio in camera dove io e Silvia appoggiavamo orecchini e trucchi per la sera…
    Ieri, passeggiando lungo il Viale Carducci, era inevitabile che il gioco preferito diventasse una specie di “aguzza la vista” spuntando tutte le modifiche intervenute dai tempi della nostra infanzia ad oggi. E quindi ritrovare “Il Setaccio” dà quasi un senso di sicurezza, insieme al gelato del “Gelato” in concorrenza col “Nuovo Fiore”… ma intanto il “Montepanna” è stato chiuso parecchi anni fa… Villa Benelli è sempre lì, coccolata e abbellita dagli interventi dei nuovi inquilini, mentre la casa di Mondo ha lasciato spazio ad una nuova casa-acquario che il mio occhio percepisce come una terribile stonatura. Ma se penso a quello che hanno visto gli occhi della mamma, testimoni della progressiva colonizzazione ed urbanizzazione delle pinete, mi convinco che questo è ancora poco.
    Non mi sono mai abituata ai cambiamenti. Ogni volta mi sono sentita una piccola Marcel Proust, disorientata e atterrita, senza alcuna motivazione razionale.
    A volte ho attribuito la velocità di demolizione della mia camera rispetto al mantenimento quasi religioso della tua cameretta (foto di Betty ed elefantini compresi) come un segno distintivo della spiccata preferenza della mamma verso il suo figlio maschio prediletto… Sorrido pensando che, nonostante questo rigore conservativo, siano comunque emersi i segni del cambiamento, segni che sono stati così ben descritti nel tuo post.
    Può darsi che sapere di condividere la percezione di questi cambiamenti insieme ad occhi che per anni hanno condiviso con i miei le stesse immagini, mi rende meno sola in questo senso di distacco, forse perché nel ricordo comune le immagini di quello che fu si ricreano nitide, tornano a galla vive e presenti…
    Certo, non senza nostalgia, ma forse in modo meno doloroso.

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  6. c'era un libro, di cui non mi ricordo ne' il titolo ne' l'autore, ma che mi aveva suscitato simili riflessioni.

    provo a farmelo venire in mente, e te lo giro.

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  7. Il libro e' Requiem di Antonio Tabucchi.

    Racconta di un viaggio immaginario (o di un sogno) in cui il protagonista vaga una giornata a Lisbona, ripercorrendo luoghi e incontrando persone e personaggi del suo passato.

    C'e' un passaggio in cui (vado un po' a braccio, ho letto il libro diversi anni fa e ricordi si confondono - ma le sensazioni rimangono) il protagonista ritorna nella sua vecchia casa e si sdraia sul suo letto per l'ultima volta prima che la casa venga abbattuta.

    Quando ho letto quel passaggio mi sono immaginato nel letto di villa Benelli per l'ultima volta, e vissuto le sensazioni che tu descrivi.

    L'attaccamento per un luogo non e' attaccamento al luogo in se', ma alle esperienze e ai ricordi di cui quel luogo e' impregnato.

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  8. Per me sono i rumori e gli odori che creano una drammatica nostalgia... l'altra sera eravamo sul terrazzo e sentivamo il profumo dei tigli... mi stupisce che davide sobbalzi e si emozioni per ogni aereo che passi: in realtà è un gran frastuono, ma il mio cervello l'ha relegato allora tra i "rumori che non devono dare fastidio" e quindi non lo sento...quando sono in sala sento ancora il rumore delle unghie di tabby sul pavimento della terrazza...e la casa di san felice è l'unica di cui non sento un odore particolare (quindi l'odore a cui il mio naso è più abituato)...ma forse più di tutto il fatto che nonostante due figli e un mutuo chiamo ancora "casa" quella casa...

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  9. comunque fa un'immensa tenerezza vedere davidino che gioca con i nostri giocattoli: ve li ricordate i tre bimbi del lego grande? (l'aviatore, la bimba con il vestito rosso e la bimba bionda con il vestito verde?) x noi rappresentavano noi stessi, davide li mette in fila su un vagone del lego e li porta in giro per tutta la casa...

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  10. a me i tigli ricordano l'estate della mia maturita' (e lo dicevo proprio durante questi ultimi giorni alla mamma), quando verso mezzanotte finivo di studiare e portavo a fare un giro nel golfo tabby per staccare prima di andare a dormire.

    e a proposito delle unghie di tabby. io una volta avevo sentito il ruomore della bici della nonna che veniva parcheggiata dietro le scale, ve lo ricordate? una stretta al cuore.

    ma anche il perche' questa sara' per sempre "casa mia". davidino (e andreone) legheranno i loro ricordi, i loro odori, le loro 'allucinazioni uditive' a caronno. i nostri figli chissa' dove. ma per noi tre e probabilmente per nessun altro (nemmeno probabilmente la mamma), per quanto sposati, con figli, con mutui da pagare, i nostri ricordi da bambini e adolescenti (quelli piu' forti, piu' intensi e che restano per sempre) saranno legati a questo luogo. che ripeto, non e' solo un 'luogo'.

    e' il nostro passato.

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  11. leggendo queste cose penso che stiamo un po' invecchiando... lo dico con tenerezza, sapete?
    quando l'occhio comincia a guardare anche al passato e vi trova spunti di riflessione vuol dire che cominciamo a portarci dietro il fardello del tempo e a sentirne il peso...

    nostalgia...
    quante volte ricorre questo tema in questi nostri discorsi!
    la casa, la nonna, tabby...

    se la mamma fosse un'assidua frequentatrice del blog di Matty, qui sicuramente avrebbe speso fiumi e fiumi di lacrime!

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  12. vabbhe, prometto che i prossimi posts saranno meno malinconici e nostalgici

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  13. Senza nessuno spirito polemico, malinconico o nostalgico. Era anche casa mia. Ho parecchi bei ricordi con voi, e altri pessimi; ma sostengo che la vita impone che la "casa" è quella dove si vive, e non quella dove si "viveva". Lì avete le radici, ma il vostro tronco, i rami, le foglie, i fiori (e i frutti) devono essere altrove.

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  14. next book... requiem
    ;-)

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  15. a bit sad... la parte dove il narratore torna nella casa dove ha vissuto un anno e mezzo in realtà appare nel libro un po' sbrigativa... solo che, dopo aver tanto parlato fra di noi di nostalgia delle nostre "case" e delle nostre cose del passato, non ho potuto fare a meno di ricollegare quelle pagine ai nostri discorsi e mi si è di nuovo stretto il cuore...

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  16. strano come funziona il cervello: quella, a distanza di anni, e' forse l'unica parte del libro che mi ricordo, e il ricordo probabilmente me l'ha fatta dilatare.

    comunque, quando finisci il libro fammi sapere se ti e' piaciuto (a me questo stile mezzo onirico era piaciuto)

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